L’architettura che crea benessere

TheNumber6
Scopriamo il mondo dell’architettura con Piero Boffa, presidente del Gruppo Building e vincitore del premio Building of the Year 2015 di ArchDaily
Le sue case sono belle, uniche, da vivere e costruite per socializzare. Da The Number 6, “la casa più bella del mondo” secondo ArchDaily (il sito di architettura più visitato) che l’ha premiata come Building of the Year 2015 per la categoria restauro, a Quadrato, il progetto di recupero del convento di Sant’Agostino nell’epicentro storico della Torino romana.
Da Domus Lascaris, rivisitazione di un palazzo razionalista degli anni Cinquanta, al recente Uptown, riconversione dello studentato Villa San Giuseppe con servizi in cohousing per gli inquilini, giardini privati e orto condominiale, oltre a un campo da calcetto, uno da padel e la palestra.
Le case del Gruppo Building si riconoscono perché hanno la firma di Piero Boffa, architetto, che guida il gruppo con il figlio Luca.
Building nasce a Torino nel 1983, come è cambiato in questi 40 anni?
«Il percorso di Building si è sviluppato in funzione del periodo storico e della mia età – il primo marzo del 1983 quando è nata la Building s.n.c. di mio padre Domenico Boffa & C. io avevo 23 anni – ma c’è una cosa che ci ha sempre contraddistinto: noi non siamo mai stati la classica impresa di costruzioni perché abbiamo sempre e solo costruito per noi stessi, su nostre iniziative. Le prime operazioni sono state avviate nel mondo industriale a Nichelino, Rivoli e Grugliasco; dopo vent’anni, il primo upgrade evolutivo ci ha portato a progettare centri commerciali: Settimo Cielo Retail Park, il parco commerciale più grande d’Italia, Le Fornaci e, fuori dal Piemonte,
Il Ducale a Vigevano e Real Bugry a San Pietroburgo, il primo polo commerciale dalla connotazione europea. A partire dal 2010 abbiamo aperto un nuovo segmento nel campo dell’edilizia residenziale, specializzandoci in recupero e trasformazione di palazzi storici. The Number 6 è un palazzo barocco a due passi da piazza San Carlo trasformato in un condominio contemporaneo all’avanguardia.
Domus Lascaris una ridefinizione del modernismo in chiave XXI secolo con uno spazio comune per il wellness dotato di piscina, spa, palestra con area fitness. Il nostro obiettivo è contribuire al processo di trasformazione del centro della città in un luogo più sostenibile, abitato e a misura di vita, realizzando allo stesso tempo, in continuità con la nostra filosofia, spazi comuni per creare occasioni di socialità e incontro attraverso l’arte, la cultura e il wellness. Nel 2020, in pieno Covid, il salto verso Milano, dove siamo al completamento delle prime iniziative. Il nostro è un work in progress perpetuo».

Da Torino a Milano, quindi, dove il gruppo Building ha aperto una seconda sede e avviato diversi progetti: Forrest in Town all’interno dell’ex fabbrica Galbani adiacente al Naviglio Grande; Gate Central nel cuore di Porta Ticinese; Bloc Savona, sulla via centrale del quartiere Tortona. Quali sono le differenze tra le due città?
«In termini di profittabilità le operazioni avviate sono molto simili. Torino però è una piazza molto più tranquilla, dove godiamo del vantaggio del nostro nome perché siamo conosciuti ed è quindi per noi molto più facile promuoverci.
Milano, invece, è una città dallo sviluppo veloce, dove non siamo conosciuti, ma ci siamo inseriti in un mercato decisamente più laico ed effervescente dettato dal fatto che a Milano non sono solo i milanesi a comprare casa: su 120 appartamenti realizzati fino ad oggi, il 30% è stato acquistato da non milanesi perché l’investimento immobiliare a Milano è un settore in crescita in termini di valore e di prezzo.
Fosse per me io starei tutta la vita a Torino, ma se hai un’azienda devi andare dove puoi farla espandere. Torino questo non ce lo permetteva: abbiamo impostato il nostro lavoro sul centro della città dove ora c’è scarsità di prodotto e in periferia i prezzi di vendita sono più bassi dei prezzi delle costruzioni. Milano invece, in perenne espansione, ti permette di costruire ovunque».

Gli spazi da voi rinnovati ospitano anche opere d’arte e design fruibili da tutti. Quanto è importante la contaminazione dei linguaggi?
«La nostra filosofia è che una casa non deve essere solo una casa, ma uno spazio da vivere e condividere. In The Number 6 la mia passione per l’arte mi ha portato a voler coniugare gli spazi storici con l’arte pubblica delle installazioni dell’artista Richi Ferrero, elementi scultorei e ambientazioni fruibili da tutti e sempre a disposizione, quindi, di chiunque li voglia godere.
Da allora, è diventato il nostro segno distintivo. Facciamo mecenatismo, non certo comprando un Picasso per tenerlo in casa, ma esponendo al pubblico le opere di giovani e bravi artisti e allo stesso tempo apportiamo un grande beneficio a chi abita quegli spazi perché quando ci si circonda di bellezza, e l’arte unita all’architettura rappresenta un binomio indiscutibile, è un piacere vivere».
Per Le Corbusier l’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico, dei volumi assemblati nella luce. Secondo Renzo Piano fare architettura significa costruire edifici per la gente, università, musei, scuole, sale per concerti: tutti luoghi che diventano avamposti contro l’imbarbarimento. Per Zaha Hadid l’architettura è benessere.
Cos’è l’architettura per Piero Boffa?
«Il mio pensiero è molto più vicino a Zaha Hadid: l’architettura deve creare benessere affinché le persone che convivono in un determinato ambiente possano relazionarsi. La casa deve ricordare un’agorà, con una pluralità di ambienti in condivisione perché questo apporta benessere e accrescimento culturale. Quando progettiamo un edificio noi facciamo molta attenzione a questo aspetto: The Number 6 ha una Beauty & SPA a servizio dei condomini e una palestra, Domus Lascaris un grande spazio per il wellness con piscina, spa, una palestra con area fitness, Uptown Torino un orto condominiale, un campo da calcetto, uno da padel e una palestra».