Intelligenza artificiale: le sfide per i creativi

Stefania Siani
“Con l’Intelligenza artificiale i creativi passano al next level” intervista a Stefania Siani, presidente dei pubblicitari italiani
Da un anno, Stefania Siani, Ceo e Chief creative officer della società di comunicazione Serviceplan Italy, è alla guida dell’ADCI – Art Directors Club Italiano, l’associazione che riunisce i migliori professionisti del settore della pubblicità e della comunicazione.
Qual è il bilancio di questo primo anno in una realtà attiva da oltre 40 anni?
«Il bilancio è veramente straordinario e i data point lo confermano. Abbiamo aumentato del 104% le iscrizioni al Club, oggi rappresentiamo 600 professionisti diffusi su tutto il territorio italiano, grazie anche all’importante lavoro svolto dalle ambasciate locali. È un club che cresce con la presenza di giovani talenti, noi li intercettiamo già dalle scuole organizzando tutta una serie di eventi come il “Grande Venerdì di Enzo” che avrà luogo il 26 maggio in 8 città e 8 regioni italiane e continuiamo il lavoro con operazioni come “Giovani Leoni”, dove selezioniamo i creativi under 30 che rappresentano l’Italia al Festival di Cannes Lions, l’evento internazionale della creatività più importante del nostro settore. Crescono molto anche le donne, di oltre il 70% e questo è frutto non solo della sensibilità dei tempi ma anche del nostro contribuito nell’annullamento del gender gap attraverso progetti come Equal».
Il premio Equal per la parità di genere e l’inclusione nella pubblicità è stato fondato nel 2018. Che cosa è cambiato in 5 anni?
«Equal è nato con il patrocinio della presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini e del Comune di Milano e oggi il progetto è parte attiva di un osservatorio della Città di Milano sui temi dell’uguaglianza. Siamo partiti nel 2018 focalizzandoci sul tema del genere e negli anni successivi ci siamo allargati ad altre forme di disuguaglianza e di sottorappresentazione sui media, come per esempio il tema della disabilità, della malattia, dell’orientamento sessuale, religioso e dell’appartenenza etnica. Oggi Equal è molto più di un premio, è un progetto culturale con una deriva formativa nelle scuole. La sensibilità verso questi temi è ormai matura, i linguaggi sono sempre più inclusivi e improntati a regole precise di diversity inclusion, ma il traguardo più grande è che sono le persone stesse a censurarsi in maniera deontologica, ad applicare quindi una sorta di auto-normativa alle proprie campagne di comunicazione».
Agli ADCI Awards, tra i più prestigiosi riconoscimenti italiani alla creatività, quest’anno sono stati presentati più di mille progetti. Questo significa che la pubblicità continua ad essere un settore che esercita una forte attrazione soprattutto per i più giovani?
«Moltissima attrazione, anche perché il lavoro dei creativi oggi si fa in tantissimi contesti. Le iscrizioni, infatti, sono arrivate da mondi differenti, non solo dalle agenzie che si occupano di adv e digital, ma anche da aziende che trattano di branding strategico, quelle che fanno capo al mondo delle consulting, come Accenture e Deloitte e iniziano ad arrivare anche i primi luminosi esempi di creatività dai content hub interni alle aziende. Il lavoro dei creativi sta abbattendo sempre più confini e si svolge in maniera sempre meno canonica rispetto al passato».
Con l’Intelligenza Artificiale qual è la sfida che si trovano ad affrontare i creativi?
«Con l’AI i creativi passano al next level: i programmi più utilizzati come ChatGPT e Midjourney e alcune Intelligenze Artificiali integrate ai motori di ricerca delle immagini come in Shutterstock, consentono di accelerare in maniera drastica il processo di adattamento delle campagne e la loro produzione sotto tanti punti di vista (fotografico, video e dell’utilizzo delle voci), consentendo ai creativi di liberare tempo per il pensiero offrendo così sempre più una consulenza di coordinamento strategico e creativo. Esiste tuttavia un grandissimo vuoto normativo, che dovrebbe occupare il centro del dibattito ed è relativo al tema dei diritti, soprattutto legato al deepfake. L’utilizzo massivo dell’Intelligenza Artificiale consente di produrre a una velocità straordinaria e con un tasso di verosimiglianza incredibile che andrebbe normato a livello deontologico ma anche legale».
Qual è secondo lei la campagna mediatica che ha realizzato che può essere considerata più rivoluzionaria per il mezzo utilizzato o il messaggio?
«In generale io sono una grande fan dello standard e non della trovata rivoluzionaria. Più che di mezzo o messaggio parlerei quindi di strategia e da questo punto di vista solo molto legata a un progetto affrontato per un brand automotive: Alfa Romeo. Tutti gli indicatori dicono che non c’è alcun motivo razionale per comprare un’Alfa Romeo perché è una scelta assolutamente irrazionale, noi abbiamo quindi creato la strategia de “Il cuore ha sempre ragione” utilizzando a nostro vantaggio la completa irrazionalità di questo acquisto e trasformandola in un plus».
Cosa ne pensa di OPEN to Meraviglia?
«Il dibattito ha sovrastato la serietà del dibattito stesso, è degenerato. Nel merito della campagna, da osservatrice dico solo che non bisogna mai confondere la notorietà che una campagna acquisisce e la popolarità perché diventa un trend topic con conversazioni spesso negative, con la creazione di valore. La popolarità non sempre crea valore, non bisogna mai avvalorare la regola del “purché se ne parli”, a noi deve interessare solo la popolarità che crea valore».