• 11/03/2025

Gruppo Marazzato: trasformare lo scarto in valore

 Gruppo Marazzato: trasformare lo scarto in valore

Lavorare sulla catena dei rifiuti per recuperare i materiali e trasformarli in elementi di valore o reintrodurli nei cicli produttivi. Ce ne ha parlato Alberto Marazzato, GM di Gruppo Marazzato

«Gestiamo rifiuti da sempre, ma un tempo la trafila era abbastanza semplice: il produttore generava i rifiuti, noi avevamo il compito di recuperarli o smaltirli, partendo dall’esigenza del cliente di liberarsi dello scarto. Oggi l’approccio è cambiato: adesso l’obiettivo è riuscire a trasformare lo scarto in qualcosa da valorizzare per il cliente stesso o da introdurre in altri cicli produttivi». È un totale cambio di paradigma quello che descrive Alberto Marazzato, General Manager della Società Benefit Gruppo Marazzato, impegnata da 70 anni nella fornitura di servizi ecologici ad aziende e privati.

Cosa significa questo cambiamento di approccio?

«Innanzitutto, per noi vuol dire avere più lavoro, non solo da un punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo. Non si tratta solo di smaltire, ma di trovare percorsi innovativi. E questo vuol dire modificare quella che è stata la nostra attività per anni, uscendo dalla nostra comfort zone. In questo nuovo approccio c’è un maggiore coinvolgimento del cliente, con cui dobbiamo entrare nel merito del ciclo produttivo, per capire dove si genera il rifiuto, quali materie prime sono state utilizzate, quali sono le caratteristiche del processo. Questo permette, dove possibile, di intervenire sui flussi dei rifiuti, separandoli opportunamente per valorizzarli in maniera più efficiente e ridurre i costi di gestione».

Avete già dei casi concreti in cui questo cambio di paradigma ha apportato significativi benefici al vostro lavoro?

«Un esempio è il caso dei rifiuti liquidi industriali, composti in gran parte da oli minerali, come gli idrocarburi. Se si fa un’efficace segmentazione a monte, questi si riescono a recuperare, rigenerandoli – e nell’ambito della rigenerazione degli oli minerali in Italia abbiamo aziende specializzate di altissimo livello. In questo modo, i restanti rifiuti liquidi, senza idrocarburo, passano da pericolosi a non pericolosi e questo riduce notevolmente i costi dello smaltimento».

Quando non è possibile migliorare il flusso di produzione dei rifiuti, cosa si può fare?

«Diventa fondamentale capire da cosa sono composti e se possono essere usati per altri cicli produttivi. Noi lavoriamo in quasi tutti i settori: ambientale, alimentare, chimico, metallurgico, tessile. In questo modo abbiamo una panoramica dei cicli produttivi di molti operatori. Quando ci troviamo a dover affrontare la gestione di un nuovo rifiuto, iniziamo guardandoci attorno, osservando cosa succede in Italia e nel mondo, andiamo alla ricerca di best practice, là dove esistono.

Per farlo, lavoriamo assieme agli atenei, soprattutto il Politecnico di Torino, l’Università di Torino, l’Università del Piemonte Orientale e l’Università di Padova, perché loro hanno una overview più ampia della nostra e ci aiutano a fare scouting su come si opera in altre parti del mondo. A volte si trovano soluzioni replicabili, in altri casi non sono perfettamente calzanti, ma facili da adattare».

PIEMONTE ECONOMY - Gruppo Marazzato: trasformare lo scarto in valore

Anche in questo caso, c’è una situazione in cui siete riusciti a trovare una soluzione guardando a casi simili all’estero?

«Mi viene in mente il caso di un rifiuto liquido radioattivo, prodotto in piccoli quantitativi e in una situazione particolare da un nostro cliente. Abbiamo visto che nel nord Europa c’era un’azienda che aveva un brevetto per trattare rifiuti non esattamente uguali, ma di matrice simile. Abbiamo svolto alcune prove in laboratorio e abbiamo trovato una soluzione efficace. Al nostro interno, possiamo contare su figure preparate in ambito chimico, sulla normativa ambientale, sull’impiantistica.

Per prima cosa verifichiamo che la soluzione individuata funzioni da un punto di vista tecnico, quindi valutiamo l’aspetto normativo. Infine, valutiamo l’aspetto economico, che deve essere sostenibile. Anche se ormai, sul tema, molti clienti sono talmente sensibili che mettono la variabile economica in secondo piano».

Quando vi trovate davanti a una richiesta nuova, come vi muovete?

«Cominciamo con la fase di screening, che è completamente gratuita per il cliente. Al termine, se abbiamo trovato delle soluzioni, gli prospettiamo le varie proposte. A quel punto avviamo un processo di ricerca e sviluppo più approfondito, magari coinvolgendo gli atenei o altre aziende e operatori del settore con competenze specifiche su un determinato materiale.

A Ecomondo presentiamo un caso abbastanza particolare, che ci ha permesso di recuperare risorse idriche dall’estrazione di gas dal sottosuolo. Un nostro cliente gestisce importanti quantitativi di gas stoccato in giacimenti esauriti, che fungono da serbatoi naturali. Quando lo si estrae, il gas si porta dietro dell’acqua sotto forma di condensa e, una volta riportato allo stato gassoso, l’acqua che resta si porta dietro i vari elementi presenti nel terreno e diventa un rifiuto da gestire. Al suo interno si trova principalmente cloruro di sodio, materiale che può essere utile in vari processi produttivi.

Dopo una prima fase di studio in laboratorio, abbiamo realizzato una simulazione sul campo, in un impianto pilota in scala realizzato nel nostro centro di ricerca di Villestellone. Abbiamo realizzato due flussi: da una parte l’acqua da reimmettere in falda una volta depurata di contaminanti, dall’altro abbiamo estratto il cloruro di sodio, per darlo in gestione ad aziende che lo utilizzano nei loro cicli produttivi, come le aziende del tessile che lo usano per fissare i colori sui tessuti. È stato un caso studio molto interessante, che porterà al nostro cliente importati benefici in termini economici e di riduzione dell’impatto ambientale».

Avete un laboratorio di R&D interno, ma vi aprite anche a collaborazioni con l’esterno: come è articolato il vostro processo di innovazione?

«A Villastellone abbiamo un laboratorio dove possiamo contare su competenze tecniche di alto livello e fare test su impianti pilota, su una piattaforma di rifiuti già autorizzata. Ma non sarebbe sufficiente: la collaborazione con gli atenei ci aiuta ad avere uno sguardo più ampio, anche sul mondo delle start up. Collaboriamo con i Poli d’innovazione e abbiamo investito nell’acceleratore Spartan Capital, che fa scouting anche tra start up impegnate nel settore ambientale, questo ci permette di dare il nostro contributo ad accelerare giovani aziende del settore che riteniamo interessanti».

Gruppo Marazzato

Spartan Capital 

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Luca Indemini

Giornalista specializzato in tecnologia e innovazione

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