Talent Garden uno spazio dove fioriscono le idee

Alla Fondazione Agnelli di Torino ha sede Talent Garden, una community dove convivono start up, giovani creativi, esperti di tecnologia, associazioni, grandi aziende. Ne abbiamo parlato con il ceo Barbara Graffino
Il Talent Garden Fondazione Agnelli è la location che ospita il forum sull’innovazione di Italia Economy. Si tratta della sede torinese di una rete globale di aziende dedicate all’innovazione digitale. La sua mission è quella di fornire gli strumenti a persone e organizzazioni per guidare la trasformazione digitale, attraverso esperienze di apprendimento e di networking, permettendo la formazione di oltre 25mila professionisti ogni anno in tema di design, marketing, dati e hard skill, risorse umane, innovazione aziendale, gestione dei prodotti e cybersecurity.
Talent Garden sviluppa anche programmi di formazione aziendale su misura, sfruttando una rete di partner come Google, Procter & Gamble, Cisco, Unilever, le principali banche europee, le istituzioni e altre aziende della classifica Fortune 500 Global.
Dal 2021 alla guida di Talent Garden Fondazione Agnelli c’è Barbara Graffino, che dal 2023 è anche presidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriale di Torino.
Graffino, cos’è Talent Garden e come si inserisce nell’ecosistema dell’innovazione?
«Talent Garden in Italia esiste dal 2011. Io ho contribuito alla fondazione della prima sede di Brescia, in un momento in cui l’Italia era ancora molto indietro su questi temi. Abbiamo poi proseguito a Torino come franchisee e in seguito abbiamo costituito la società. TAG nasce dal desiderio di connettere le persone che allora iniziavano a confrontarsi sui temi del digitale, del tech e dell’innovazione. Il Talent Garden Fondazione Agnelli gestisce il territorio di Torino e del Piemonte e fa parte di una delle community più grandi in Europa, con 18 campus sparsi in vari Paesi.
L’obiettivo, nel frattempo, è diventato quello di essere una Digital Skill Academy, che spinge moltissimo sul tema dell’education e della formazione sulle competenze digitali e tech.
Nel 2021 abbiamo acquisito la società svedese Hyper Island, operativa in Asia e in Brasile e attiva sul tema della trasformazione digitale. Noi gestiamo due campus: il Talent Garden che ha sede all’interno della Fondazione Agnelli e la manica Tech all’interno delle OGR, le Officine Grandi Riparazioni, un grande progetto di riqualificazione della città a opera della Cassa di Risparmio di Torino».
Lei ha affermato che il clima che si crea nel Talent Garden è ciò che fa la vera differenza. Cosa intende?
«Non siamo i soli ad avere spazi di coworking, ma la nostra particolarità è che siamo diventati una community che coopera e che collabora. Grazie al tema dell’education siamo diventati una scuola di formazione alle competenze digitali e abbiamo abilitato uno spazio di interconnessione costante, improntato alla peer education, dove le persone possono accrescere le proprie competenze attraverso il confronto.
Abbiamo investito da sempre nel community building, attraverso eventi e relazioni continue: un esempio è la presenza del community manager, una figura centrale che ascolta tutti coloro che frequentano il campus, dai freelance alle aziende di tutte le dimensioni, fino agli studenti che frequentano i corsi.
Conosce tutti i progetti che questi soggetti portano avanti e cerca di metterli in collegamento. Oltre alla classica app che fa matchmaking, abbiamo voluto che nella realtà e nella concretezza degli spazi fossero presenti persone deputate a creare contenuti di valore oppure a generare opportunità di business. Ogni community manager si coordina con quelli presenti negli altri campus, soprattutto in presenza di idee e progettualità che travalicano i confini delle città e delle regioni.
Conoscere le persone che lavorano nei nostri spazi e avere consapevolezza delle loro necessità quotidiane è un nostro grande focus. È questo clima così intangibile e informale a fare la differenza: l’empatia è capace di crearla solo l’uomo con la sua sensibilità, cogliere una sfumatura in ciò che una persona ti sta dicendo non è recepire un dato.
Si tratta di un aspetto immateriale, che si palesa nel corso delle situazioni più informali: vale a dire quelle da cui spesso nascono grandi progettualità.
Inoltre, noi facciamo una selezione delle aziende che vengono nei nostri spazi: cerchiamo eterogeneità, ma anche un approccio all’innovazione e un forte impegno a essere ricompresi in tutto questo movimento. La ragione per cui si sceglie di far parte del TAG è sapere che alla fine si troveranno delle opportunità. Come faculty, cerchiamo di coinvolgere il più possibile gli imprenditori che vivono nei nostri spazi e che fanno innovazione giorno per giorno. È un do ut des, è un grande valore aggiunto».
Parafrasando il titolo del nostro evento, come si costruisce per lei il futuro?
«Direi che intanto bisogna stare molto in linea sul presente. Uno dei rischi di guardare solo al futuro è di perdersi le opportunità che costruiamo giorno per giorno. Ci sono grandi direttrici tecnologiche che cambieranno moltissimo la realtà che oggi conosciamo, impattando sui numeri del mercato del lavoro.
Nel futuro tante mansioni non saranno più richieste, mentre ne saranno richieste altre, legate all’economia circolare e alla transizione energetica. Nell’attesa di questi profondissimi cambiamenti, non dobbiamo dimenticare il grande valore che le persone hanno e la necessità che esse restino al centro dei nostri processi. Ce lo chiedono i più giovani, pensiamo alla Generazione Z e all’importanza che riveste per essa il tema della sostenibilità.
In un momento di grandi trasformazioni, investire nell’education è fondamentale. L’obiettivo più importante è lavorare sulla formazione dei giovani, a tutte le età e già a partire dal primo grado dell’istruzione scolastica.
Altro aspetto è il lifelong learning: ne parliamo da tempo, ma non lo abbiamo mai attuato.
Ci siamo ritrovati con sacche di persone che lavorano in certi settori industriali che a breve termine non serviranno più. Dobbiamo continuare a formare i giovani, senza più infarcirli di nozioni, ma facendo fare loro esperienza. Su questo gli imprenditori sono vincenti perché hanno la capacità di imparare sul campo e sanno adattarsi. È un modello che andrebbe portato nelle università e nei corsi di ogni livello. In un mondo pieno di stimoli, tirare fuori il meglio dalle persone può portare alle nostre aziende una grandissima ricchezza.
È importante anche puntare sul reskilling delle persone intorno ai 50 anni, si pensi a tutto il personale delle banche. Si può rapidamente fornire a queste persone delle competenze digitali per farle stare al passo. La rivoluzione tecnologica che si svilupperà da qui a cinque anni non la conosciamo ancora. Pensiamo solo a quanto è stata rapida l’espansione di Chat Gpt e alle funzioni che essa può esercitare al posto delle persone. Questo produce il rischio di preparare le persone in senso specialistico per delle attività che in breve saranno considerate superate.
Le persone devono avere una visione generale che le renda adattabili sui vari scenari, in altre parole devono sviluppare delle soft skills. Una ricerca di McKinsey & Company evidenzia l’importanza delle foundational skills, come la capacità di leadership o di team building. Non si apprendono sui libri, ma sono competenze di base su cui ‘attaccare’ sopra i trend tecnologici che via via si presentano».