Fabermeeting: creativi digitali incontrano le aziende

Torna il Fabermeeting, il 17 e 18 novembre, una due giorni a numero chiuso di incontri, workshop e seminari
Un concorso e una due giorni di incontri per far incontrare creatività digitale e impresa. Questa è la versione breve. Dal 2007, Faber e Fabermeeting mirano a promuovere la conoscenza e la diffusione di mezzi e strumenti legati alla creatività digitale come risposta alle nuove sfide sociali e imprenditoriali.
Diventano punto di incontro tra creativi digitali e aziende, con un fruttuoso scambio di idee, competenze e opportunità. Fermo da 5 anni, a causa del Covid, la macchina di Faber si è rimessa in moto quest’anno, «inaspettatamente – commenta il direttore Carlo Boccazzi Varotto –. Si è rimessa in moto per la pressione da parte delle aziende, che è sempre un segnale positivo».
E allora è ripartito il concorso, a cui è possibile partecipare fino al prossimo 16 luglio, e a novembre (venerdì 17 e sabato 18 negli spazi di Toolbox) torna il Fabermeeting, una due giorni a numero chiuso di incontri, workshop e seminari, che rappresenta il premio del Faber e offre ai vincitori la possibilità di partecipare a momenti di incontro e scambio con le imprese partner, esperienze retribuite presso le stesse aziende e il sostegno ai progetti proposti. Dall’altro lato, per le aziende, Faber rappresenta l’occasione per trovare le risposte a bisogni di innovazione specifici, nuovi linguaggi o nuovi approcci alla tecnologia.

Da quando tutto è partito, nel 2006, il contesto è molto cambiato, soprattutto in ambito digitale. Carlo, come si è adattato Faber?
«Quando siamo partiti, l’idea era provare a scovare un sistema di talenti digitali che si muovevano al di fuori dei contesti strutturati. Spesso autodidatti, senza attestati, che quindi avrebbero fatto fatica a presentarsi a un’azienda, ma con competenze reali e spesso idee innovative. Abbiamo pensato che far presentare un lavoro concreto ai partecipanti fosse un buon metodo per introdurli alle aziende e ha funzionato.
Oggi il contesto è completamente diverso, l’offerta formativa nel campo è molto forte, ma sono emersi altri bisogni. Intanto, il saper fare non passa dal curriculum o da un certificato, è più utile poter toccare con mano. E poi, se prima si lamentava una carenza di formazione, adesso si fa notare che spesso la troppa formazione crea omologazione. Resta quindi la necessità di riuscire a trovare talenti grezzi, in grado di portare vera innovazione. E Faber continua a godere di popolarità verso le aziende per questa sua capacità di scouting».
Questa sesta edizione si porta dietro una grande novità: non solo aziende coinvolte, ma anche enti del terzo settore. Come è nato questo allargamento?
«Da sempre, i lavori presentati al Faber hanno una forte connotazione sociale.
Cosa che trovo un bel segnale: i ragazzi tra 20 e i 30 anni ritengono questi temi importanti. Spesso si tratta di idee molto buone, ma di cui è difficile trovare un’immediata ricaduta, abbiamo quindi iniziato a pensare come coinvolgere realtà che potessero aiutarci in questo senso. Si aggiunga il fatto che molti enti del terzo settore hanno iniziato a strutturarsi come aziende tradizionali e sono interessati a incontrare nuovi mondi e nuove idee e il risultato è stato quasi inevitabile.
Così, oltre alle aziende che si occupano di comunicazione digitale, quest’anno avremo una presenta del terzo settore, grazie alla collaborazione avviata con Torino Social Impact. E l’idea è piaciuta molto anche alle aziende tradizionali».
Dovendo fare un bilancio su questi 15 anni di Faber, qual è a sua valutazione?
«Decisamente positiva, ce lo ha dimostrato l’entusiasmo con cui le aziende hanno accolto questa nuova edizione. E ce lo conferma un sondaggio che abbiamo diffuso tra i partecipanti alle precedenti edizioni durante il Covid. Più del 90% di coloro che ci hanno risposto, hanno detto che Faber è stato fondamentale, non per trovare lavoro direttamente, ma per rafforzare il loro posizionamento nel mondo del lavoro. Per molti è stato il punto di partenza per far succedere delle cose, creare contatti e opportunità. Che è poi il senso alla base di Faber».
E poi lo confermano alcune storie di successo, come quella di Matteo Rostagno, che quest’anno sarà tra i relatori del Fabermeeting.
«Matteo ha vinto il premio Faber nel 2011, oggi risiede a Londra dove è direttore creativo di Media.Monks. Sarà il keynote speaker del Fabermeeting, credo sia un bel segnale il fatto che torni qui, a portare la sua esperienza e restituire parte di quello che il Faber gli ha dato».
Con Matteo veniamo al Fabermeeting. Programma in fase di chiusura, come sarà strutturato l’evento?
«Saranno due giorni con workshop molto brevi, mirati a fornire lo stato dell’arte su alcune tematiche centrali nella comunicazione digitale: l’IA ovviamente, ma anche gli open data, le comunità digitale, design gaming.
Tra gli ospiti avremo anche i produttori del cartone animato di Zerocalcare. Poi ci saranno incontri orizzontali, i “meet & work”, in cui si affronteranno diverse tematiche in modo più partecipato: tornerà anche qui l’AI, ma si parlerà anche di creative economy o di come sta cambiando il giornalismo. E poi avremo due tavole rotonde verticali. C’è un’altra possibile novità rispetto alle precedenti edizioni: gli appuntamenti restano a numero chiuso e solo per gli iscritti, ma stiamo pensando di aprire al pubblico le tavole rotonde e il keynote di Rostagno».